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La ragazza dello specchio blu

Il racconto che andrò a proporvi questa mattina è scritto da me, ma l’idea è nata nella testolina di una bambina di otto anni, Sofia. Lei è una bambina speciale, brava e talentuosa e tra le tanti doni possiede la fantasia. L’altro giorno mi ha raccontato una sua storia e io ho voluto trasformarla in un bellissimo racconto che sia racchiuso in una clessidra tra i cinque e i dieci capitoli.

Questo il primo.

Buona lettura!

Da Cecilija, Pinterest

Serena si guardò allo specchio dopo un attimo di esitazione. I capelli, i suoi splendidi capelli dorati, erano andati in cenere e ora nulla le copriva più la nuca. Usare il rasoio era stata una delle esperienze più traumatiche della sua vita, ma non c’era altro modo. Era arrivata in quel posto da un paio di giorni. Le avevano assegnato una stanza che condivideva con un un’altra ragazza e il cibo era pessimo, la stanza era pessima, tutto era terribilmente brutto. Come avrebbe fatto a sopravvivere per lunghi mesi, se non anni?

La ragazza smise di contemplarsi allo specchio e indossò un paio di pantaloncini e una maglietta comoda per recarsi nel reparto di terapia.

Camminava a passi lenti senza badare a dove metteva piede. Serena non sopportava la vista delle barelle, dei ragazzi sofferenti, delle pareti bianche e delle infermiere. Quindi non guardava nemmeno dove andava. Questo suo modo di fare la tradì subito.

«Oi, dove vai? Ma non mi hai visto?»

«Scusa sai com’è, non ho una gamba. Me l’hanno amputata l’altro giorno»

«Scusa non lo sapevo, mi spiace» disse Serena mortificata e allo stesso tempo imbarazzata. Lui, be’ forse era una fortuna che gli fosse venuto contro perché era davvero carino. Carino? Altroché, era proprio figo.

«Piuttosto tu perché non cammini guardando dove vai?»

«È una lunga storia.»

«Sei nuova vero? È la prima volta che ti vedo.»

«Sì, perché?»

«Aspetta…spostiamoci di qui che altrimenti ostruiamo il passaggio» e nel dire questo il ragazzo sconosciuto le poggiò una mano dietro la schiena per condurla in un angolo più appartato.

Poi continuò:«Io sono qui da due anni. Tumore, due tumori per l’esattezza, ma il peggio credo sia passato. Ripeto, credo. La regola numero uno qui dentro è non darsi mai guariti prima del dovuto. Tu, invece, come mai sei qui? Non è facile parlarne, immagino.»

«Non lo so ancora, sono venuta per alcuni controlli. Il risultato delle analisi arriva questo pomeriggio.»

«E sei tesa?»

«Un po’» ammise. E nel farlo si sorprese ad aver iniziato una conversazione con un tizio sconosciuto fino ad un attimo prima. Quindi riparò chiedendogli schiettamente il nome: «Scusa non ci siamo presentati. Io sono Serena tu?»

«Io Giacomo. Piacere di conoscerti Serena. Adesso devo andare ma se vuoi dopo passa dalla mia stanza e continuiamo a parlare. Mi trovi nella stanza dei Cerbiatti. Andiamo, non fare quella faccia. Ai ragazzi è dato un animale e alle ragazze un fiore»

«È vero, io sono nella stanza delle Orchidee. Mi reputo fortunata perché l’orchidea è il mio fiore preferito.» E, nel dire ciò, un velo di tristezza le mascherò il volto. «Scusa adesso devo andare. Ci vediamo dopo Giacomo ok?»

«Sì, ma chiamami Jack, ti prego.»

«Ok e tu Sere»

«A dopo!»

Ma perché gli aveva mentito? Anche lui però, ma non capiva che una ragazza senza capelli aveva per forza di cose un tumore? Lei però aveva mentito perché aveva paura, prima di tutto di se stessa e poi della sua reazione. Perciò, per il momento avrebbe tenuto la cosa per sé, ma non ancora per molto, in teoria i risultati delle analisi dovevano arrivare nel pomeriggio. Che stupida, si disse, mentre si recava nel reparto corretto.

continua…

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