Pubblicato in: Senza categoria

Il sogno di Charlotte (parte 10)

Charlotte arrivò alla casupola di Will dopo aver percorso un migliaio di passi. Si chiese che aspetto avesse suo nonno, se fosse cambiato, e che cosa provasse, a distanza di anni, per la nipote. Quando si ritrovò finalmente sull’uscio, non esitò a bussare. Poi pensò che il nonno non sarebbe riuscito ad andare ad aprire, così provò ad entrare ed effettivamente la porta era aperta. L’atmosfera e gli arredi di quella casa non erano cambiati di un centesimo. Ogni spazio era proporzionato ugualmente a otto anni prima. Vide una chitarra poggiata vicino alla parete alla sua destra e due o tre ciotole impilate sul tavolo di legno al centro della stanza.

«Sei tornata!»

Una voce tetra, rauca, ma comunque dolce e affettuosa risuonò nella testa di Charlotte. Così, la giovane ragazza si voltò di scatto e si trovò davanti a sé un omino scheletrico, fragile, accomodato su una sedia a rotelle.

L’impulso istintivo di Charlotte la spinse ad abbracciare il nonno. L’abbraccio fu caldamente ricambiato e, a quel punto, Charlotte scoppiò a piangere. Per tutti quegli anni il nonno l’aveva aspettata. Aveva passato gli ultimi giorni della sua vita solo, senza un briciolo di compagnia. I sensi di colpa di Charlotte cominciarono a pugnalalarla nel cuore e altri a bussare alle porte del suo cervello. Un improvviso mancamento la portò a sedersi sulla sedia più vicina che trovò.

Ancora avvolta dalle lacrime, la giovane guardò il nonno dritto negli occhi poi, dopo qualche istante, aprì bocca: «Nonno, ti voglio bene!» fu quello che riuscì a dire in tono sommesso.

«Dimmi un po’» disse Will «Come mai sei qui. Hai litigato con tuo padre? Fossi in te non me ne dispiacerei. Mio figlio ingenuamente commette sempre degli errori. Non si rende conto che ormai la sua famiglia è andata a pezzi, che quello che un tempo avrebbe dovuto fare è perduto.»

«Papà non è una persona cattiva, nonno. È semplicemente fatto così. Quando è partito alla mia nascita, mi ha spiegato che non avevano nemmeno i soldi per garantirmi un’istruzione o comprarmi dei giochi per Natale. Papà ha spedito di mese in mese i soldi alla mamma. Un minimo di buon cuore ce l’ha. E io gli voglio bene. Ho vissuto il primo periodo dopo il trasferimento a Parigi con rancore, ma poi ho capito che stavo male anch’io, così ho iniziato ad amarlo e ora lo amo come una figlia dovrebbe amare un padre»

«Charlotte, non sai come queste tue parole mi riempiano di gioia. Eri matura all’ora, adesso sei proprio una donna, sia dentro che fuori. Sei una ragazza stupenda che, nel cuore della sua primavera, sta sbocciando come un fiore. Ti paragonerei ad una rosa, anche se è troppo sofisticato. Se sei ancora fantasiosa e voli sempre nei cuori delle persone, allora il fiore ideale per te è l’orchidea»

«Grazie nonno, solo tu mi fai tutti questi complimenti. È vero, l’animo creativo e sognante mi è rimasto. Con papà abbiamo lavorato per diversi locali di Parigi, alcuni ci pagavo molto bene, altri, giusto il minimo per mostrarci la loro riconoscenza. Comunque, papà suonava la chitarra o il pianoforte, se lo trovava nel locale e io lo accompagnavo cantando. Sono migliorata molto, per un periodo ho seguito delle vere e proprie lezioni di canto. Parigi è una città stupenda. Man mano che il tempo passava, ho avuto modo di visitarla tutta, di scoprire tutti i più piccoli segreti di una città così immensa.»

«Ma dimmi un po’, come ci si sente a stare su un palco con un pubblico che ti fissa aspettando non altro che tu canti?» la voce di Will aveva iniziato a spegnersi e ogni tanto era costretto a interrompersi per uno o due colpi di tosse secca.

«È magnifico e lo è ancor di più quando inizi a cantare e senti il calore del pubblico, la magia dello spettacolo. E, sotto le luci al neon di una stanza piena di gente, prometti a te stessa che mai, per nessuna ragione, ti farei privare del tuo sogno più grande»

«Vieni, siediti. Non so per quale ragione, ma sei rimasta tutto il tempo in piedi»

«È che mi emoziona parlare della mia esperienza da cantante.»

«Ma se giri per strada la gente ti riconosce?»

«No nonno, non siamo arrivati ancora a quel punto e poi sarebbe terribile. Qualcuno sì, ogni tanto, ma solo perché frequentiamo lo stesso quartiere. C’è un ragazzo che da qualche estate si unisce a noi nei concerti o addirittura sostituisce papà quando è privo di forze o deve recarsi alla posta per spedire i soldi a James e Noah.»

«Come si chiama?»

«Chi, questo ragazzo?»«Eh»

«Tom o Tommy, c’è chi lo chiama anche con nomignoli vari, tipo maschera nera o simile»

«Come mai?»

«Un tempo si esibiva con la maschera. Questo gli permetteva di entrare nei locali più importanti senza che nessuno venisse influenzato dal suo aspetto»

«Perchè, che aspetto ha?»

«Una parte del viso è ustionata e ha perso la vista ad un occhio. Mi ha raccontato che anni fa è sopravvissuto ad un incendio. È riuscito a tirare fuori la madre, il padre e i fratelli, all’epoca aveva dodici anni, ma nessuno di loro ce l’ha fatta se non i due fratelli più piccoli. Ora vivono con lui. Sarebbe dovuto essere affidato ai servizi sociali o quantomeno mandato da un parente, ma lui non ha voluto. Così si è guadagnato da vivere esibendosi nei locali come chitarrista e, dato che inizialmente lo rifiutavano per via del suo aspetto mezzo mostruoso, come dice spesso lui, è lì che gli è venuta l’idea della maschera. Devo dire che ha proprio funzionato. Ora è conosciuto da mezza Parigi e questo ha permesso anche a noi di aumentare il nostro pubblico, nonché guadagno.»

«Che storia! Che ne dici se io suono qualcosa e tu canti per me. Mi è tremendamente mancato il nostro e unico momento»

«Hai ragione nonno e, per farmi perdonare, se vuoi possiamo passare ore o ore così, finché il sole non annuncerà la sua scomparsa»

«Ti voglio un mondo di bene tesoro e, anche se non te l’ho detto prima, mi dispiace tantissimo per tua madre. Non se lo meritava, specialmente da quando ha dato vita ad una bambina come te»

«Non sono una bambina nonno!»

«Ora non più e devo dire che sei una ragazza stupenda, bella e dolce, come mi sei apparsa nei miei più recenti sogni»

Così nonno e nipote presero uno la chitarra e l’altra la giusta concentrazione e, su un ritmo dolce e delicato, l’aria della stanza si riempì di intense note e di una voce che solo gli angeli avrebbero saputo replicare.

2 pensieri riguardo “Il sogno di Charlotte (parte 10)

Lascia un commento